Franzoni bis
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Franzoni bis
La donna, che sta scontando 16 anni per l'omicidio del figlio
dovrà ora fronteggiare l'accusa di aver cercato di creare false prove
"Franzoni a giudizio per calunnia"
La richiesta della Procura di Torino
TORINO - Anna Maria Franzoni a giudizio per calunnia. E' quanto chiede la Procura di Torino nell'ambito dell'inchiesta Cogne-bis per un presunto tentativo di inquinare la scena del delitto durante un sopralluogo del 2004 nella villetta di Cogne.
Oltre che per la Franzoni, la Procura di Torino ha chiesto il rinvio a giudizio, per frode processuale, di Eric Durst, il consulente svizzero che, secondo l'accusa, ha messo una falsa impronta nella casa di Cogne.
Chiesta invece l'archiviazione di tutti gli altri nove indagati, tra cui l'avvocato Carlo Taormina.
"Pur essendoci degli elementi indiziari a carico degli imputati - ha spiegato il pm Marcello Maddalena in una conferenza stampa - gli elementi raccolti sono contraddittori e, a giudizio della procura, non consentono di sostenere l'accusa in dibattimento. In ogni caso se l'ordinamento prevedesse la calunnia colposa non avremmo avuto nessun dubbio nel chiedere il rinvio a giudizio".
Nella richiesta di archiviazione, che è composta da 81 pagine, si sottolinea però che "sussistono margini di rilevanza sotto il profilo civile per una eventuale valutazione di responsabilità ".
Il fascicolo della Procura di Torino si riferisce a un presunto tentativo di inquinare la scena del delitto: il 28 luglio 2004 un gruppo di consulenti di Taormina (italiani e svizzeri) fecero un sopralluogo nella villetta di Cogne in cui due anni prima venne ucciso il bambino, e trovarono tracce che, qualche giorno dopo, portarono a una denuncia che adombrava il coinvolgimento di un guardaparco valdostano, Ulisse Guichardaz.
Una denuncia-boomerang, quella firmata da Anna Maria Franzoni che per il delitto del figlio Samuele ha avuto la condanna confermata in Cassazione a 16 anni di carcere, perchè le indagini portarono gli inquirenti a sospettare una manipolazione delle prove: da qui l'apertura di un procedimento per calunnia e frode processuale.
I periti del gip Pier Giorgio Gosso (compresi degli esperti dell'Fbi) dissero che in alcune delle trentacinque macchie rilevate dalla squadra di Taormina c'era dell'idrossiapatite, sostanza difficilissima da reperire in natura: questo portava a pensare che qualcuno avesse seminato delle macchie per simulare la fuga dell'assassino. Ma questa versione è stata smontata dal medico legale Carlo Torre: è stato lui a dimostrare che, quasi certamente, si trattava di
semplici escrementi di cane.
Tra gli indagati di cui è stata chiesta l'archiviazione ci sono, tra gli altri, il marito della Franzoni, Stefano Lorenzi, e i consulenti di parte Claudia Sferra ed Enrico Manfredi.
dovrà ora fronteggiare l'accusa di aver cercato di creare false prove
"Franzoni a giudizio per calunnia"
La richiesta della Procura di Torino
TORINO - Anna Maria Franzoni a giudizio per calunnia. E' quanto chiede la Procura di Torino nell'ambito dell'inchiesta Cogne-bis per un presunto tentativo di inquinare la scena del delitto durante un sopralluogo del 2004 nella villetta di Cogne.
Oltre che per la Franzoni, la Procura di Torino ha chiesto il rinvio a giudizio, per frode processuale, di Eric Durst, il consulente svizzero che, secondo l'accusa, ha messo una falsa impronta nella casa di Cogne.
Chiesta invece l'archiviazione di tutti gli altri nove indagati, tra cui l'avvocato Carlo Taormina.
"Pur essendoci degli elementi indiziari a carico degli imputati - ha spiegato il pm Marcello Maddalena in una conferenza stampa - gli elementi raccolti sono contraddittori e, a giudizio della procura, non consentono di sostenere l'accusa in dibattimento. In ogni caso se l'ordinamento prevedesse la calunnia colposa non avremmo avuto nessun dubbio nel chiedere il rinvio a giudizio".
Nella richiesta di archiviazione, che è composta da 81 pagine, si sottolinea però che "sussistono margini di rilevanza sotto il profilo civile per una eventuale valutazione di responsabilità ".
Il fascicolo della Procura di Torino si riferisce a un presunto tentativo di inquinare la scena del delitto: il 28 luglio 2004 un gruppo di consulenti di Taormina (italiani e svizzeri) fecero un sopralluogo nella villetta di Cogne in cui due anni prima venne ucciso il bambino, e trovarono tracce che, qualche giorno dopo, portarono a una denuncia che adombrava il coinvolgimento di un guardaparco valdostano, Ulisse Guichardaz.
Una denuncia-boomerang, quella firmata da Anna Maria Franzoni che per il delitto del figlio Samuele ha avuto la condanna confermata in Cassazione a 16 anni di carcere, perchè le indagini portarono gli inquirenti a sospettare una manipolazione delle prove: da qui l'apertura di un procedimento per calunnia e frode processuale.
I periti del gip Pier Giorgio Gosso (compresi degli esperti dell'Fbi) dissero che in alcune delle trentacinque macchie rilevate dalla squadra di Taormina c'era dell'idrossiapatite, sostanza difficilissima da reperire in natura: questo portava a pensare che qualcuno avesse seminato delle macchie per simulare la fuga dell'assassino. Ma questa versione è stata smontata dal medico legale Carlo Torre: è stato lui a dimostrare che, quasi certamente, si trattava di
semplici escrementi di cane.
Tra gli indagati di cui è stata chiesta l'archiviazione ci sono, tra gli altri, il marito della Franzoni, Stefano Lorenzi, e i consulenti di parte Claudia Sferra ed Enrico Manfredi.
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